Il traffico è una forma di malavita

Due numeri: 35 e 291.
Il primo: i morti ammazzati a Roma per criminalità cosiddetta comune nel 2011, dato recentemente comunicato dal sindaco. Il secondo: i morti ammazzati per strada a Roma e provincia nel 2010, il dato più aggiornato possibile dell’Istat; i feriti sono 31.055 e nessuno al mondo può dire quali siano i livelli di gravità delle lesioni. Che la statistica sia aggiornata all’anno precedente a quello appena archiviato è già significativo di per sé: un’attenzione lieve, quasi sottovalutazione, sui morti per scontri stradali.
I dati istat possono essere consultati su http://dati.istat.it/, ma dovrete cercarli in “Salute e sanità”, come se si trattasse di malattie.

Ciò che vedo io per strada non è un fenomeno sanitario, se non alla fine dell’evento che li ha causati; e solo se si tratta di feriti, ché i morti non si riescono ancora a riportare in vita.
Si tratta di morti, e uomini e donne feriti, per eventi non dovuti a calamità naturali o simili ma esclusivamente  all’azione di altri umani.  Le vittime sono di ogni età, i carnefici sono solo adulti.
Sapendo che potrei dare del termine “malavita” un’interpretazione favorevole a ciò che sento, trascrivo invece ciò che leggo sul mio dizionario (Garzanti 2003): “1 vita condotta fuori della legge e delle regole sociali e morali; 2 insieme di coloro che praticano questo genere di vita”.
Senza voler sostenere che il dizionario che leggo sia un testo sacro, non riesco a vedere alcuna differenza tra la definizione di malavita che ne dà e ciò che vedo per strada, a volte di persona e finora, almeno da quando vivo in bici, fortunatamente solo come spettatore casuale (non metto in conto le volte che ho dovuto invece essere comprimario di un litigio on the road): e cioé che guidare mezzi contundenti fuori da ciò che dovrebbe essere considerato un comportamento giusto o corretto è una forma di malavita; e che l’insieme di coloro che compongono il cosiddetto traffico praticano molto spesso un genere di comportamento fuori dalle regole sociali e morali.
Voglio osservare e far osservare che i morti ammazzati per ciò che viene da tutti considerata criminalità sono un numero parecchio minore di quello che viene rubricato come incidentalità stradale e che invece deriva da comportamenti criminali per strada.

Non un solo morto o ferito ci deve essere per “violenza”, secondo me e secondo molti. Perché lo stesso sentire non viene applicato per i morti e i feriti per strada? Per me resta un mistero. O meglio, non tanto: sospetto che sia una rimozione dovuta alle singole “comodità” declinate in collettivo; e forse anche a un calcolo economico sovrastante le singole personalità: uno dei segreti meglio custoditi nelle coscienze singole e collettiva. E intenzionalmente non parlo della malavita comportamentale che non produce morti e feriti, le varie angherie che ognuno conosce come il parcheggio rasente il portone di casa, sul marciapiede, in doppia fila, la sgommata fischiante, la frenata quasi addosso, e i terrori derivanti e lentamente consumanti le singole esistenze.

I numeri comunque sono quelli, qualsiasi cosa si pensi di ciò che dico: 35 di pistole, coltelli, botte ecc. e 291 di macchine ecc. Il traffico si configura come una malavita -intenzionale, perché in gran parte potrebbe essere evitato- particolarmente letale.

Ps: l’Istat scrive anche ciò, sintetizzando il dato nazionale: Nel 2010 sono stati registrati in Italia 211.404 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti è stato pari a 4.090, quello dei feriti ammonta a 302.735.

Un pensiero su “Il traffico è una forma di malavita

  1. Il fatto che “l’insieme di coloro che compongono il cosiddetto traffico praticano molto spesso un genere di comportamento fuori dalle regole sociali e morali” potrebbe ricomprendere anche chi gira in bici sprovvisto, cito dal Codice della strada, “di un dispositivo
    indipendente che agisca in maniera pronta ed efficace sulle rispettive
    ruote”. Mi rendo conto che l’entità dei danni che si possono provocare (agli altri) è incalcolabilmente inferiore, ma se si fa un discorso di rispetto delle normative, allora è anche necessario essere coerenti…
    Scritto da uno che va al lavoro in bici (da corsa) tutti i giorni.

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Il traffico è una forma di malavita

Due numeri: 35 e 291.
Il primo: i morti ammazzati a Roma per criminalità cosiddetta comune nel 2011, dato recentemente comunicato dal sindaco. Il secondo: i morti ammazzati per strada a Roma e provincia nel 2010, il dato più aggiornato possibile dell’Istat; i feriti sono 31.055 e nessuno al mondo può dire quali siano i livelli di gravità delle lesioni. Che la statistica sia aggiornata all’anno precedente a quello appena archiviato è già significativo di per sé: un’attenzione lieve, quasi sottovalutazione, sui morti per scontri stradali.
I dati istat possono essere consultati su http://dati.istat.it/, ma dovrete cercarli in “Salute e sanità”, come se si trattasse di malattie.

Ciò che vedo io per strada non è un fenomeno sanitario, se non alla fine dell’evento che li ha causati; e solo se si tratta di feriti, ché i morti non si riescono ancora a riportare in vita.
Si tratta di morti, e uomini e donne feriti, per eventi non dovuti a calamità naturali o simili ma esclusivamente  all’azione di altri umani.  Le vittime sono di ogni età, i carnefici sono solo adulti.
Sapendo che potrei dare del termine “malavita” un’interpretazione favorevole a ciò che sento, trascrivo invece ciò che leggo sul mio dizionario (Garzanti 2003): “1 vita condotta fuori della legge e delle regole sociali e morali; 2 insieme di coloro che praticano questo genere di vita”.
Senza voler sostenere che il dizionario che leggo sia un testo sacro, non riesco a vedere alcuna differenza tra la definizione di malavita che ne dà e ciò che vedo per strada, a volte di persona e finora, almeno da quando vivo in bici, fortunatamente solo come spettatore casuale (non metto in conto le volte che ho dovuto invece essere comprimario di un litigio on the road): e cioé che guidare mezzi contundenti fuori da ciò che dovrebbe essere considerato un comportamento giusto o corretto è una forma di malavita; e che l’insieme di coloro che compongono il cosiddetto traffico praticano molto spesso un genere di comportamento fuori dalle regole sociali e morali.
Voglio osservare e far osservare che i morti ammazzati per ciò che viene da tutti considerata criminalità sono un numero parecchio minore di quello che viene rubricato come incidentalità stradale e che invece deriva da comportamenti criminali per strada.

Non un solo morto o ferito ci deve essere per “violenza”, secondo me e secondo molti. Perché lo stesso sentire non viene applicato per i morti e i feriti per strada? Per me resta un mistero. O meglio, non tanto: sospetto che sia una rimozione dovuta alle singole “comodità” declinate in collettivo; e forse anche a un calcolo economico sovrastante le singole personalità: uno dei segreti meglio custoditi nelle coscienze singole e collettiva. E intenzionalmente non parlo della malavita comportamentale che non produce morti e feriti, le varie angherie che ognuno conosce come il parcheggio rasente il portone di casa, sul marciapiede, in doppia fila, la sgommata fischiante, la frenata quasi addosso, e i terrori derivanti e lentamente consumanti le singole esistenze.

I numeri comunque sono quelli, qualsiasi cosa si pensi di ciò che dico: 35 di pistole, coltelli, botte ecc. e 291 di macchine ecc. Il traffico si configura come una malavita -intenzionale, perché in gran parte potrebbe essere evitato- particolarmente letale.

Ps: l’Istat scrive anche ciò, sintetizzando il dato nazionale: Nel 2010 sono stati registrati in Italia 211.404 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti è stato pari a 4.090, quello dei feriti ammonta a 302.735.

Un pensiero su “Il traffico è una forma di malavita

  1. Il fatto che “l’insieme di coloro che compongono il cosiddetto traffico praticano molto spesso un genere di comportamento fuori dalle regole sociali e morali” potrebbe ricomprendere anche chi gira in bici sprovvisto, cito dal Codice della strada, “di un dispositivo
    indipendente che agisca in maniera pronta ed efficace sulle rispettive
    ruote”. Mi rendo conto che l’entità dei danni che si possono provocare (agli altri) è incalcolabilmente inferiore, ma se si fa un discorso di rispetto delle normative, allora è anche necessario essere coerenti…
    Scritto da uno che va al lavoro in bici (da corsa) tutti i giorni.

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