La campagna per la ciclabilità nota come #salvaiciclisti ha qualche problema, di questi tempi. Provo a spiegarmi.
Il gruppo più attivo, senza nulla togliere agli altri, è posizionato a Roma. Sono diversi i motivi, ma quello fondamentale è che a Roma le condizioni per spostarsi in bici (invece che in auto, moto, scooter) sono davvero impervie: e questo è un forte incentivo a reagire, nelle persone che vogliono farlo. E sono tante: si è scoperto recentemente che sono passate in meno di due anni dallo 0,4% della popolazione al 4%: un’enormità di crescita, e in assenza totale di interventi amministrativi. Figurarsi con interventi a favore.
A Roma, a fine maggio, si terranno le elezioni per il nuovo sindaco. La campagna elettorale è cominciata già da tempo. E anche quella acquisti.
Per esempio io sono stato contattato da diverse parti politiche -tutte del campo che fu la sinistra-. E non solo io: l’aria di novità e soprattutto di attenzione mediatica sviluppata dalla campagna salvaiciclisti ha attratto molti cercatori di consenso, dai più piccoli ai più grandi.
Si può capire: spostarsi in bici è una tendenza in Italia, una realtà in Europa, c’è gente come noi che sbatte su ogni tavolo questa esigenza, è naturale che ci cerchino. Ma non ci ascoltano davvero: vogliono in qualche modo “farsi piacere” da una tendenza in crescita, anche perché mostra modernità, che fa fico. Ci sono esempi innumerevoli che si moltiplicano negli ultimi tempi: gente che si presenta all’improvviso alla Critical mass (che è cosa diversa da salvaiciclisti, anche se molti di noi la animano), ci sono persone che telefonano, mandano mail, cinguettano twittii, postano su facebook inviti e proposte di incontro.
Fino a qualche tempo fa la cosa era entro il limite del sopportabile ma adesso sta diventando una specie di stalking.
A farla breve, l’assedio ha cominciato a diventare un problema per la campagna a favore della ciclabilità. E’ chiaro (direi ovvio) che donne e uomini come noi che si attivano per un ribaltamento delle modalità stradali romane siano interessate/i a parlare con le amministrazioni di ogni livello, ma adesso è estremamente difficile far capire a tutti che ogni singolo candidato di municipio e comune (ce ne sono migliaia) non può pensare di fare un incontro, con uno qualsiasi o più dei cicloattivisti impegnati, per svoltare una foto, magari mentre dice cose assurde e mostra di non aver capito niente delle esigenze romane generali, come per esempio avere un modello finalmente moderno di mobilità come in gran parte d’Europa, cosa che prevede una riduzione drastica dell’uso dell’automobile e un potenziamento radicale del mezzo pubblico, abbinato alla bici.
A noi vengono a dire “faremo piste ciclabili”, così, ad carciofum, senza neanche aver letto le nostre proposte. Pensano di farci anche un favore. Mentre da un gran bel pezzo (8 febbraio 2012) noi proponiamo riduzione della velocità generale, intermodalità vera (bici sui mezzi: non vi spaventate, si fa nei paesi moderni), potenziamento del trasporto pubblico, disincentivi all’uso dell’automobile, incentivi anche fiscali a quello della bici, il parcheggio assicurato negli spazi condominiali (si fa a Torino e MIlano) per evitare i furti, il senso unico eccetto bici al centro di Roma e via così. C’è un intero documento a disposizione, e lo abbiamo fornito a tutti a partire da ottobre scorso.
Niente: non sentono ciò che proponiamo. Non lo capiscono proprio. Vogliono solo incontrare gruppi organizzati. Chiedono incontri, a volte li effettuano, quando gli parli delle cose che salvaiciclisti propone scuotono la testa sorridendo, o al meglio annuiscono: sempre sorridendo.
Comincia a essere un problema. La furia della ricerca di consenso rende cieche le persone che ne hanno bisogno.
Noi (tutti) abbiamo invece bisogno di una città che torni ad essere bella e vissuta davvero, che riesca a muoversi invece di bestemmiare in fila (e fare magari anche a botte), che abbia tram e autobus giorno e notte (le metropolitane, stiamo vedendo, sono una truffa: e soprattutto in questo posto antico), di spazi per le persone non di occupazione costante degli spazi da parte delle automobili (a Roma sono 72 ogni 100 persone, a Parigi 30), di serenità in strada. Di non morirci, per strada.
In questi giorni invece sembra essersi scatenata la ricerca di un consenso qualunque, dicendo sì a tutti ma senza ascoltarli davvero. Alcuni ci cadono, molti altri no. Noi vorremmo un dialogo sereno con chi si propone di amministrare Roma, ma il compito è impervio. Forse impossibile.
Continuiamo comunque, ma il messaggio che lancio a tutti i candidati, di ogni livello e capacità, è: non pensiate di avere di fronte degli sprovveduti. Tenetelo a mente, o almeno provate a farlo.