Roma cambia, anche senza ordini dall’alto

Due giorni fa ho contato 32 persone in bici nel mio ordinario percorso casa-lavoro. Aveva appena smesso di piovere (pare, eh).
Non più di tre anni fa ne avrei contato dalle 4 alle 7, se andava bene.

Sta succedendo qualcosa. E lo si è anche detto: il numero di ciclisti abituali a Roma è decuplicato in meno di due anni: da 0,4% del totale degli umani semoventi al 4%. Si tratta di una cifra variabile tra 150 e 170.000 persone.

Adesso è arrivata la cosiddetta bella stagione (sono tutte belle, ma sole e meno pioggia favoriscono anche i timidi). Cosa succederà?

Ho una mezza impressione che come al solito succederanno le consuete due o tre cose in contemporanea:
1) le strade saranno frequentate da mezzi diversi rispetto agli anni passati, in questo caso molte più persone in bici rispetto allo standard romano;
2) tutti noi faremo finta di niente, tra gente che si sposta alla vecchia maniera, gente che si sposta in maniera nuova  e gente che dovrebbe amministrare Roma;
3) ci saranno problemi in strada. Problemi che non voglio neanche pensare, figurarsi scrivere.
Il punto 3 è quello che mi interessa: cosa facciamo? Cosa facciamo tutti, intendo.

La comunità che si raduna a Roma è sempre più divaricata: c’è gente di ogni tipo naturalmente, dalla peggiore alla migliore con tutte le migliaia di sfumature e interpretazioni del caso. Ma è sempre più distante.
Ciò che adesso conta è: come facciamo a stare insieme in strada? In assenza totale di gestione (non controllo, eh) dei flussi? Nella più totale indifferenza gli uni verso gli altri?
Adesso è questo il punto secondo me: come facciamo a far convivere il  vecchio e il nuovo modo di spostarsi?

Esiste una risposta collettiva a questa domanda, visto che non ne esiste alcuna proveniente da chi dovrebbe o vorrebbe gestire la Roma contemporanea? Ancora no, secondo me.
Dobbiamo parlarci tutti. Dobbiamo trovare un accordo. Non esiste una metodologia alternativa. Dobbiamo fare da noi come al solito. E dobbiamo parlarci. Altrimenti ci facciamo male.

Perché Roma è ingovernata da anni (tanti, non solo Alemanno che è stato un miracolato dalle cazzate altrui). E al solito dobbiamo metterci d’accordo tra noi.

Romani, che volemo fa’? Je la famo a trova’ ‘n’accordo pe’ nun fasse male? Guardate che da questa primavera -ancora stentata- in poi sarà un casino. E nessuno in Campidoglio, né adesso né dopo avrà il coraggio di affrontare il toro per le corna: e per strada ci saremo noi, tutti. E tutti soli, con i nostri diavoli personali e i nostri scontri.

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