I Fori liberati, la ciclabilità e i tossici dell’automobile

forinuovi

 

Ovvero: “il mondo guarda al Colosseo liberato, nun famo i burini”, come un mio amico ha definito perfettamente il dibattito sulla pedonalizzazione (io direi liberazione) dei Fori Imperiali dal traffico motorizzato privato.

Lo scorso primo luglio ho partecipato, insieme ad altri attivisti della ciclabilità e della mobilità nuova, all’incontro con la presidente del I municipio, Sabrina Alfonsi, pensato per avviare un lavoro concertato tra amministrazione e cittadinanza. Erano presenti i tecnici dell’Agenzia Mobilità, che ci hanno illustrato il progetto. Qui voglio solo fornire un paio di mie impressioni, i dettagli sono stati ampiamente riportati dai vari media, in qualche caso distorti (vedi Messaggero=Caltagirone, lo stesso che vuole tagliare gli alberi per i cantieri della Metro C).

La prima impressione riguarda i tecnici dell’Agenzia Mobilità: sicuramente capaci, altrettanto sicuramente preoccupati per la mole di lavoro che l’iniziativa del nuovo sindaco si è riversata sulle loro spalle. Ma una cosa in particolare mi ha colpito, ovvero un’omissione: durante la loro esposizione, non hanno mai -dico:mai- nominato o citato la ciclabilità. Visto che sono un tipo sospettoso, ho chiesto la ragione di questa dimenticanza. E ho dovuto farlo per ben tre volte, visto che non riuscivamo a ottenere informazioni non solo soddisfacenti, ma anche solo plausibili. E’ stato necessario chiedere un intervento “politico” di Alfonsi per chiarire che nel nuovo piano sarà contemplata, a pieno titolo, la ciclabilità di via Labicana e via Merulana, anche attraverso l’istituzione di una zona 30 km/h nell’area. Domani ci sarà un’assemblea pubblica a largo Corrado Ricci, alle 18,30, dove chiederemo ufficialmente l’istituzione di un doppio senso ciclabile su via Labicana. Chiedo a tutti di essere presenti in massa per dare forza alle nostre ragioni.

La seconda impressione è di tipo, per così dire, culturale, e riguarda l’impossibilità, per i romani di vecchio stampo, anche solo di pensare al non uso dell’automobile. Mi ha colpito in particolare l’intervento, davvero dotto e pieno di particolari puntuali e coerenti, di un rappresentante di uno dei comitati dell’Esquilino, che in una lunga dissertazione ha indicato i punti di crisi del progetto, con vie, incroci e forse anche qualche numero civico esposti in chiara successione. Non capivo, in realtà, di che parlasse, quando ho realizzato improvvisamente che stava parlando dello spostamento degli abitanti di zona al’interno della zona stessa: in macchina. L’ho capito quando ha parlato della difficoltà di arrivare dal Celio a Monti (in macchina). Alla mia semplice domanda “ma perché non ci va a piedi? E’ attaccato…” non ha saputo che rispondere.

Credo che questa sarà la più grande difficoltà della prossima liberazione della zona archeologica dal traffico privato: far capire ai romani una cosa semplice, ovvero che l’automobile, per gli spostamenti di prossimità, deve essere dimenticata. Credo proprio che i romani in automobile siano come i tossici con la roba: non possono pensare di farne a meno, e hanno una paura tremenda di entrare in comunità per disintossicarsi. Secondo me dovremmo pensare a un progetto di recupero per gli automobilisti romani (e italiani), sulla falsariga di quelli per il recupero dei tossicodipendenti.

Per farvene un esempio, vi mostro questo pregevole pezzo di Barbara Palombelli, in cui ciò che scrivo sopra è abbastanza evidente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.