L’8 febbraio del 2012 esplodeva -sui media- la “rivolta dei blogger ciclisti”, un evento preparato con cura su iniziativa del blogger Paolo Pinzuti, che chiamò a raccolta una serie piuttosto lunga di altri ciclisti con spazio e ascolto sul web. In circa 38 pubblicammo, contemporaneamente (a mezzogiorno) sui nostri blog, una sorta di traduzione spiegata del manifesto apparso giorni prima sul “Times” , save our cyclist. Da qui la scelta, rapida ma alla fine azzeccata, del nome di quella che sarebbe poi diventata la più forte campagna a favore della ciclabilità in questo paese incapace anche solo di immaginare un futuro. Poche settimane dopo, il 28 aprile, una folla autoconvocata di ciclisti invadeva via dei Fori imperiali a Roma: circa 50.000 persone per dire che era l’ora che l’Italia cambiasse strada.
Stampa, opinione pubblica, persino parlamentari e amministratori vari ci hanno sempre dato ragione. Il nome della campagna #salvaiciclisti è conosciuto da tutti (persino dai vigili o poliziotti che ci identificano quando facciamo i nostri flash mob non autorizzati). In questi due anni abbiamo ottenuto i seguenti due risultati concreti:
– la bicicletta è definitivamente entrata nell’immaginario collettivo come un mezzo di trasporto, ed è finalmente caduto l’immaginario precedente: quella di un mezzo per le passeggiate dei nullafacenti;
– l’Anci, l’associazione dei comuni italiani, ha messo a punto una proposta di revisione del Codice della strada potenzialmente rivoluzionario a favore della ciclabilità e della mobilità dolce o leggera; così rivoluzionario che i dirigenti del ministero dei Trasporti, in documenti lunghissimi e incomprensibili ai più (ma compresi benissimo dai tecnici #salvaiciclisti e Fiab), stanno tentando di sabotarlo in ogni modo, probabilmente su pressioni esterne.
Come vedete, si tratta esclusivamente di un cambiamento culturale: cosa che peraltro era il nostro primo obbiettivo. Ma in strada ancora non si vede niente, anzi si continua a rischiare la vita per le abitudini bestiali e incistate degli italiani automobilisti.
Per questo abbiamo deciso di vederci a Bologna l’8 febbraio: ancora una volta in massa e per la prima volta in inverno proprio per sottolineare che noi usiamo la bici tutti i giorni dell’anno e rischiamo la pelle in ogni momento, con sole, nebbia o neve: perché resta invariato il tasso medio di bestialità di chi usa il volante. E noi non molliamo mai proprio perché stiamo tentando di salvarci la vita, in un modo che fa bene anche alle nostre città. L’appuntamento che ci siamo dati è una specie di Giochi senza frontiere: siamo gente divertente e divertita, che sa stare bene bene al mondo, sorridente e leggera.
Il giorno successivo ci sarà un’assemblea, in luogo da rivelare, in cui parleremo di come rendere ancora più efficace la campagna #salvaiciclisti. Con ogni probabilità si creeranno associazioni locali federate in una rete: il nostro intento è quello di andare a sbattere sui tavoli delle diverse amministrazioni le nostre istanze, con una forma riconosciuta perché troppo spesso ciò viene richiesto dal grigio e triste mondo delle amministrazioni. Ma il movimentismo resterà la base della campagna #salvaiciclisti: perché ne è la vera forza.