Fare lobby per muoversi meglio

Qualche settimana fa, ne ho accennato recentemente, un folto gruppo di persone s’è dato appuntamento a Bologna per provare a dare vita a un coordinamento informale tra gli attori che in questi ultimi anni e a vario titolo si sono impegnati a provare a ricreare un modello efficace per la mobilità urbana. Riassumo brevemente come si è arrivati a questo appuntamento.

Il giorno stesso della bicifestazione del 28 aprile a Roma, la seconda del suo genere dopo quella del 2012 e nelle intenzioni di chi organizzava si spera l’ultima, il gruppo promotore ha cominciato a ragionare su come proseguire e dare seguito all’azione di piazza; come ogni azione di piazza che non sia mera testimonianza, lo sbocco naturale -e dichiarato- della chiamata a Roma era quello di fare pressione sui decisori, chiunque essi fossero, per sviluppare anche in Italia una ciclabilità moderna. Fin qui ci siamo.

Come? Le opzioni erano due: tra chi diceva “ci siamo sfogati, ora continuiamo come prima” e chi invece sosteneva un innalzamento dell’asticella hanno avuto la prevalenza i secondi. Da qui l’idea di creare un gruppo di pressione unitario che agisse in modo se non concordato quantomeno armonico, con pochi concetti ma espressi coralmente, anche in sedi separate. Esclusa quasi subito l’ipotesi di creare una superassociazione nazionale, giochetto costoso, ridondante e soprattutto poco agile (organi statutari, presidenze, assemblee e via dicendo) ci si ritrova d’accordo sul tentativo di formare un gruppo non vincolato da regolamenti e statuti ma che su quei pochi temi che ci trovano tutti d’accordo. E qui casca l’asino.

Nel corso degli anni, in Italia, la rappresentanza si è modificata. Per lungo tempo l’unica associazione di promozione della ciclabilità era stata la Fiab, che dagli anni ‘80 porta avanti l’esile fiaccola dei nostri temi, nel bene e nel male; dalla presa di coscienza dei singoli che si ritrovano in Critical Mass, inizio 2000, e contemporaneamente alla rivendicazione degli spazi pubblici anche come modello non solo politico in senso alto ma di stile di vita tout court, attraverso vari passaggi è nato il movimento Salvaiciclisti. Bike pride vari, velostazioni, momenti di riflessione a macchia di leopardo sul come viviamo le città, ma soprattutto la rinascita dal basso dell’attrezzo “bicicletta” anche visto come mezzo eccezionalmente bello e utile per condurre le proprie giornate hanno fatto il resto. Se ne accorge anche l’industria, attraverso una sempre maggiore attenzione dell’Ancma, la sezione di Confindustria delle due ruote; si risveglia dal suo classico torpore perfino la Federciclismo, tradizionalmente mummificata in cose di sport, che strizza l’occhio all’utenza quotidiana (e qui un bel timeo danaos ci sta tutto, ma vabbe’).

Si arriva quindi all’appuntamento bolognese. Partecipano rappresentanti di tutte le realtà citate (tranne Fci), più altri ancora. In tutto una trentina di persone, chiamate a raccolta dall’ex deputato Paolo Gandolfi per unanime riconoscimento del suo ruolo svolto in Parlamento, almeno finché Renzi non gli ha impedito la rielezione, e per le sue indubbie qualità di moderatore capace di far dialogare soggetti a volte distanti.

Dicevo “qui casca l’asino”: qualche momento di distonia ha evidenziato che siamo ancora lontani dalla sintesi perfetta. Due esempi: l’industria ha mostrato di non aver ancora capito che la sicurezza di chi si muove in bici nasce da interventi forti sulle altre modalità di spostamento e crede, insieme a Fci, che la sicurezza passiva sia una risposta; altri soggetti (Ass. Mobilità Dolce) hanno una fascinazione inspiegabile per l’auto elettrica. Posizioni peraltro minoritarie.

Tutto sommato, con qualche sforzo, siamo riusciti in tre ore di discussione trovarci d’accordo sulla necessità di unire le forze per i temi che ci trovano d’accordo tutti. Il coordinamento informale, anche se stentato e fragile, è stato avviato. Finalmente, obiettivo perseguito da anni e finora mai raggiunto, si intravede la creazione di una lobby per la mobilità moderna nelle nostre città. Una prima idea è quella di spostare radicalmente la visione dall’oggetto bicicletta o automobile al servizio generale di spostamento: dare risposte giuste alla domanda fondamentale “come faccio a muovermi meglio”?

La prossima puntata tra settembre e ottobre.

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