Anche chi non ha vissuto gli anni dell’eroina iniettata in vena, i ‘70-’80, conosce il film di Claudio Caligari “Amore tossico”. Magari non l’ha mai visto ma ha sentito citare alcune frasi ormai entrate nel lessico collettivo. Resiste ancora, imperituro, “frena i freni”, per dire di fermare la macchina. Il film è duro e in qualche modo poetico, ma chi ha vissuto quegli anni, con i tossici che barcollavano in giro e le siringhe ovunque, ricorda bene che la principale preoccupazione dell’eroinomane era farsi, e quindi rimediare i soldi. Da qui, furti a parte, l’eterna ricerca di spicci. Quando ti si presentava il tossico potevi proporgli ragionamenti di ogni tipo, pure a brutto muso, ma quello/a ti guardava con l’occhio acqueo e ripeteva “hai ragione, ma mi dai cento lire?”. La dipendenza non è brutta in sé (chiunque di noi ha dipendenze, per esempio dall’aria), il gorgo nero che assale il dipendente da sostianze alla fine nocive sì che lo è. Trovo molti aspetti di questo tipo di ossessività autodistruttiva nell’automobilista italiano, anche il più pulito ed educato. Per esempio nella sua percezione, vissuta come oggettiva, della sacralità del parcheggio.Qualche giorno fa, a Pinerolo, è stato trovato un A4, stampato e attaccato con nastro carta al muro: “se Salvai chiude il centro e toglie i parcheggi noi gli togliamo la famiglia”. Salvai è il sindaco di Pinerolo, e sta studiando -provando anche a coinvolgere la cittadinanza- di estendere la zona a traffico limitato, con la conseguente limatura di parcheggi a disposizione delle vetture di proprietà. Il sindaco ha una compagna e una figlia piccola, e a suo dire solo per questo si è rivolto ai carabinieri, che ora stanno indagando e credo che presto, come accade con quelli che sparano piombini dalla finestra a bimbi rom e persone con pelle scura, verrà presto pizzicato l’idiota autore.
Certamente l’iniziativa è di un singolo, ma con altrettanta certezza porta all’estremo un sentire comune tra i motorizzati italiani: “non mi toccate il parcheggio dell’auto, dove la metterò?”. In un paese che ha 700 auto private ogni mille persone, a spazio invariato avere questa pretesa è un nonsenso. Ma l’italiano medio non se ne cura e tira dritto, tanto quanto il tossico d’antan per il suo schizzo periodico.
Sempre nei stessi giorni dell’episodio di Pinerolo, alla Camera si è svolto un convegno chiamato “Strade sicure”, e centrato sulla salvaguardia di vite umane in strada con particolare attenzione a quelle di pedoni e ciclisti. Il neoministro dei Trasporti, Toninelli, ha usato parole inusuali per dimostrare alla platea che il governo attuale ha presente il tema. Ha parlato, per esempio, di “mettere il traffico a dieta”, specificando che l’intenzione principale è quella di ridurre il traffico motorizzato privato. Anche se molti osservatori hanno commentato “belle parole ma aspettiamo i fatti”, anche tra coloro che contrastano l’esecutivo ostaggio di Salvini la novità è apparsa positiva.
A mio modo di vedere Toninelli ha esagerato al ribasso. Per mettere qualcuno a dieta c’è bisogno anzitutto che sia cosciente del suo stato di disagio, e poi si può convincerlo. Il tossico o l’alcolizzato no, tranne casi rarissimi e quasi miracolosi. Trovo che lo stato psicologico del proprietario di automobile italiano sia molto simile a quello del tossico: non può prendere coscienza del suo stato di disagio. Uno dei personaggi del film di Caligiuri si trova in tasca 500 lire e va a prendersi un gelato; l’amico s’incazza così: “Ma come, noi dovemo svortà e tu te piji er gelato?” [ma come, dobbiamo risolvere il problema e tu compri il gelato?”].