Di ciclabili e di migranti, pensando a Prato

Qualche giorno fa la segretaria leghista di Prato ha conquistato un’evitabile notorietà pronunciando una folgorante castroneria: “le piste ciclabili servono agli immigrati”. La signora, tal Patrizia Ovattoni, è riuscita poi a mettere insieme una serie di fesserie che una persona normodotata neanche riuscirebbe a immaginare, facendo combaciare concetti quasi inavvicinabili così come lo sono i due poli identici di due calamite. Ascoltandola mi sono venuti in mente i Santarita Sakkascia, amata band romana dei ’90, nel loro brano “Sto come ‘na pigna” che illustra perfettamente lo straniamento di un devoto hard core dell’hashish.

E però c’era qualcosa che mi rigirava nella testa pensando a “Prato” e “ciclabile”, per qualche minuto non riuscivo a contestualizzare cosa. Poi improvvisamente ho ricordato di essere passato per Prato e di aver costeggiato il Bisenzio proprio lungo la ciclabile, cosa che in viaggio normalmente evito perché mi piace scorrere lungo le strade ordinarie delle città che non conosco. In quell’occasione ho fatto un bell’incontro che tra poco racconterò, e che secondo me ha molto a che fare con “bici” e “migrazione”.

Avevo da poco costruito il telaio, e poi allestito il tutto, della mia bici da viaggio, l’Utensile, e volevo provarla in assetto a pieno carico su qualche percorso di montagna. M’invento quindi una breve traversata appenninica da Bologna a Firenze per il test, a ottobre 2013. Luoghi di partigiani, la Linea Gotica, il Sentiero degli Dei, tutte cose di buon augurio per la neobici e il futuro giro del mondo.

Dopo il valico piombo a Prato come un nibbio, discesa troppo breve dopo una bellissima e lenta salita autunnale, vado a visitare i famosi opifici tessili della periferia, mi faccio cacciare da uno di questi (non volevano foto), arrivo in città. Ma volevo raggiungere presto Firenze e sveltisco la pratica attraversandola sulla ciclabile fluviale, dove incontro una coppia in tandem, Alessandro e Stefania, anche loro in fase di test per il futuro viaggio. Facciamo amicizia, che dura ancora oggi anche se i due sono al momento lontanucci, e mi accompagnano fino a Firenze lungo strade che solo loro potevano conoscere. Gli faccio provare la mia bici, scoprire i vantaggi delle selle in cuoio, confrontiamo le tecniche, immaginiamo i nostri rispettivi viaggi, pregustiamo l’ignoto, gli incontri, i popoli che incontreremo. Il loro progetto iniziale era di vivere in viaggio in tandem fermandosi a lavorare qui e lì nel sud Italia, forse in Grecia, poi boh, magari si prosegue. Cosa che -l’appetito vien mangiando- puntualmente si verifica: da allora sono in giro del mondo, iniziato nel 2014 e presumibilmente destinato a finire, ma con calma, tra qualche anno, c’è solo questo pianeta (pagina su Fb: Godimundi, @tandemworldtour). Hanno recentemente vissuto su e giù per l’Himalaya, pensavo di trovarli lì e invece sono di nuovo in Cina.

Contatto Alessandro per sapere che ne pensa della leghista. Incollo piccola parte della lunga risposta, depurata dalle contumelie: “è fuori dal mondo”. Ma è “un’occasione per sdrammatizzare e farsi due risate, invece di tendere la corda di animi impauriti. Siamo contenti se dai un po’ di voce ai pedalatori pratesi, che sicuramente saranno un po’ offesi come noi. Baci di bici dalla Cina, Alessandro e Stefania”.

E’ possibile, che nella sua grettezza, la segretaria locale leghista abbia inconsapevolmente azzeccato mischiando ciclabili e migranti: ma nel senso opposto a quello illustrato. Solo che non ha, e forse non potrà mai avere, gli strumenti per capirlo.

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