Non ne ha parlato nessuno

 

 

 

 

 

Mi rendo conto di partecipare al gioco voluto dai radicali, far parlare di loro (unica stella polare del fu movimento per i diritti civili), però due parole sul fallito referendum “trasporto pubblico romano” mi va di dirle. Prima i numeri: 16,4% di votanti, 74% per il sì, il resto per il no. Ora passiamo alle considerazioni.

A chi non è del tutto sprovvisto di antenne politiche è apparso del tutto evidente che si trattasse di una chiamata alle urne strumentale: legittimissima, e magari si andasse a votare tutti i giorni, però strumentale. Immagino la riunione a via di Torre Argentina, o a casa di qualcuno di loro.
“Dobbiamo molestare la gestione di quei cialtroni del Campidoglio, come facciamo? Un referendum?”. Aborto: fatto. Divorzio: fatto. Acqua pubblica: cavolo, lì ci hanno fregato, sono stati più bravi.
“Trovato: i rifiuti. Roma è piena di monnezza, non c’è chi non abbia il dente avvelenato”. Il principio è giusto e passa, però che fai, chiami i romani a parlare di rumenta? “Dài, fa schifo, puzza, abbiamo anche un’immagine da difendere e che facciamo, rovistiamo nei cassonetti?”.

Sempre il trovatore di prima: “Be’. C’è il trasporto pubblico. Ci sono in giro gli adesivi ‘Atac nun te merita’, stanno attaccati ai pali dei semafori, tutti odiano Atac, prendiamocela con lei”. Detto, fatto: via ai banchetti, dai con i volontari a costo zero, ti pare che non rimediamo firme.

Una volta raggiunte le firme inizia il martellamento su ogni giornale che tiri più di 100 copie: “Nessuno ne parla, ci stanno boicottando”, e via a parlarne, ché neanche il social media manager di Salvini è così efficace. Nelle ultime due settimane agli aperitivi non si parlava d’altro, ma -absit iniuria verbis- persino sulle banchine della metro B e A che frequento non spesso ma regolarmente. Ne ho sentito parlare persino sul 664 che porta a casa dei miei genitori. In che termini? “Nessuno ne parla, ti rendi conto?”, e giù a parlarne, manco fossero scie chimiche o vaccini.

C’è un alimentari -a Roma si dice pizzicarolo- qui sotto casa dove noi indigeni usiamo incontrarci a fine giornata. “Nessuno ne parla, ma ti rendi conto?, per l’ennesima volta. Finalmente mi scoccio e faccio un richiamo generale: “Oh, ma voi sapete del referendum?”. Il 100% dei sì, una ventina scarsa di persone. Non chiedo le intenzioni di voto e mi ritengo soddisfatto. Però si volta uno, masticando un panino e bofonchia “ma tanto è consultivo, tempo perso”. Un’altra, col bicchiere in mano: “e poi è una fregatura, arriva il privato e aumenta il biglietto con gli stessi autobus”.

Nelle ultime due settimane a Roma -calcio a parte- non si parlava d’altro. E tuttavia a votare non ci è andato praticamente nessuno.

Nota a margine #1: il capo radicale, in un giorno in cui sembrava che le cose gli stessero andando bene, proclama in conferenza stampa “se raggiungiamo il quorum potrei candidarmi a sindaco”. Voce dal sen fuggita.
Nota #2: una decina di società sarebbero interessate al possibile business, pare: diverse italiane (una nazionale, le altre locali), almeno due estere (una francese e una anglotedesca).

Nota #3: il possibile bando andava spacchettato in vari lotti, dicevano 10; immagino che in periferia sarebbero andati deserti (e infatti in periferia le percentuali di votanti erano lo 0 virgola), tutti si sarebbero avventati sul centro città, il vero affare.

Sui miei canali social tutto un litigare sulla vicenda. Uno ha scritto: “il tpl è un servizio che il pubblico esercita anche in perdita perché i ritorni positivi (socialità, sanità, decongestionamento delle strade) sono un guadagno non a bilancio. Il privato se ne frega perché non ci guadagna, e se va male ciuccia dalla mammella pubblica”.

3 pensieri su “Non ne ha parlato nessuno

  1. Non mi dire che il TPL a Roma non funziona? Bene, avevo 16 anni “cioè 46 anni fa”, ho iniziato a lavorare, lavoro in via Taranto, “per due anni” abitazione in Casal Bertone, autobus che ti porta in via La Spezia il 15, già allora prima con il numero 115, “poi strada a piedi, circa 500 mt.” . Di corse soppresse non ti dico, di strada a piedi per cercare di arrivare in orario, non so quanti km ho fatto, di traffico impazzito tra: piazza lodi e piazzale Prenestino, Largo Preneste, manco a parlarne. Allora ancora non c’era la sopraelevata ma, il traffico sì quello con meno macchine di adesso ma, le strade sempre piene. Poi a 18 anni lavoro nei pressi di Piazza Dei Navigatori. Oltre al Bus 15 dovevo prendere il 93, stessa storia già vissuta, anzi anche peggio. Poi per un periodo di circa 10 mesi, lavoro in via dell’Umiltà “Fontana di Trevi” e lì, oltre al traffico di sempre, nel frattempo la sopraelevata era in funzione, e anche la metropolitana ma, strade bloccate perché il centro storico era di: minimo una manifestazione al giorno. In tutto questo, autobus che saltavano le fermate perché le persone non c’entravano più dentro, autobus quasi sempre stracolmi, dialoghi tra autisti che, tanto poi con qualche frenata di assestamento, il bestiame poi si stabilizza. Uno dei miei desideri era di avere un autista dell’ATAC tra le mani. Però a quei tempi c’erano i radicali che, l’aborto e il divorzio ma, non per ATAC.
    E sì, erano altri tempi ma, per chi si sposta con i mezzi pubblici, continua ad essere una tribolazione, e non credo che, con un referendum per quello che è stato avrebbe risolto il problema. A meno macchine circolanti ci ha mai pensato nessuno? Forse sarebbe il caso di fare un referendum per quest’ultima cosa

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