Il paese di lamiera

Calembour nicastrense a spese di Frida Kahlo, in puro magnagrechense: mix tra dialetto locale e “buona” in greco

E così sono al sesto giorno di viaggio in bici verso Riace. Siamo rimasti in otto e abbiamo pedalato per qualche centinaio di km, quanti esattamente non so perché ho il contakm tarato male; chiederò agli altri.*

Ora siamo a Nicastro, uno dei tre paesi che collettivamente sono conosciuti come Lamezia Terme, ennesima stranezza italiana.

La sintesi di quanto fin qui provato è: l’Italia è un territorio, un insieme di conurbazioni, letteralmente seppellito sotto milioni di tonnellate di macchine.

Sono ovunque , in ogni anfratto, spuntano da ogni strada vicolo sentiero trezzera, basta che ci sia spazio ai lati e sotto, purché non si danneggi la carrozzeria o il pianale ogni spazio è Cosa Loro. In città e paesi è così ovunque.

Grazie a guide locali che di tanto in tanto ci hanno accompagnato siamo riusciti a percorrere strade semisconosciute e meno percorse da auto e camion. Brevi e bellissimi scorci di come potrebbe essere e invece non è.

Mentre scrivo sono nell’unica zona che abbia conservato la dignità architettonica e urbanistica di Nicastro, il piccolo centro medievale. Anche qui, come in altri piccoli centri visti lungo questo miniviaggio, la macchine passano quasi strisciando tra i muri e le altre lamiere accatastate nella pratica sacra del parcheggio, unico Dio.

Il nostro è un piccolo e semplice gesto per indicare lo schifo dell’emarginazione umana a fini di conquista del potere. E stiamo realizzando che siamo degli emarginati anche noi. Tant’è che il piatto legislativo che ci stanno preparando -non negativo: forse mortale- sembra nascere dalla stessa mentalità malata che ha prodotto il decreto Sicurezza, primo atto del secondo fascismo.

Domani saremo sullo Jonio, Ss 106, il demone. Pensateci.

*non si capisce