Tirare i Verdi italiani fuori dal freezer

In molti ci stiamo chiedendo come mai in Italia il partito dichiaratamente ecologista abbia fatto flop quando il resto d’Europa viaggia sostanzialmente a doppia cifra. (Perché di flop si tratta, malgrado i guaiti di soddisfazione per essere andati meglio de La Sinistra).
Sono i Verdi, che per l’occasione hanno vestito il nome di Europa Verde. Non è un travestimento ma una scelta condivisa con le altre esperienze continentali: nulla di furbo.
Intanto, scusate la noia, vorrei mostrare alcune percentuali esemplificative. I dati vedono la maggiore affermazione in Germania con quasi il 21% e la minore a Malta con 0,79%; in mezzo c’è di tutto: Belgio quasi 20%, Finlandia 16%, la Francia che ha visto la revanche di Le Pen al 13,5, Bulgaria 6,5, Lussemburgo 19, Uk 11.
In Italia 2,3%. Percentuali minori delle nostre in Grecia, Slovenia, Ungheria, Estonia, Croazia. Sono dati del sito Europeangreens.eu.

Lo Stivale è in fascia parecchio bassa del gradimento di un partito dichiaratamente ecologista. La domanda è perché; ed evito la tiritera sugli italiani criminali e adepti dell’abuso edilizio, dello sversamento, delle grandi opere, innamorati dell’automobile e tutto il resto, perché più o meno sono attitudini continentali diffuse.
Alla ricerca di una risposta a questa particolare domanda viene molto utile una lunga serie di tweet sul risultato in generale, diventata poi un articolo sul loro blog, del collettivo di scrittori noto come Wu Ming. I membri della band letteraria hanno -sintetizzo- puntato l’attenzione sul forte astensionismo (44%) che è dolosamente sfuggito dai vari commenti ufficiali come al solito ma come al solito resta il convitato di pietra.
La mia attenzione va su una delle loro tesi finali: “non-voto non equivale per forza a passività: milioni di persone non votano più ma fanno lotte sociali, vertenze sindacali, volontariato, stanno nell’associazionismo, sono cittadine e cittadini attivi, molto più attivi di chi magari non fa nulla se non mettere una croce su una scheda ogni tanto”.

Qui torniamo ai Verdi italiani. Tralasciando color che son contenti di aver superato il 2%, roba che non vedevano da tempo, ho sentito varie interpretazioni del flop. La principale è: “i media ci hanno ignorato”. Se si intende il partitino è vero, se invece la questione ambientale è un falso grosso come una diga in Africa: da mesi tutti i media, grazie a Greta e i milioni di ragazzini che hanno intercettato la sua scia, si esercitano a terrorizzare il pubblico sul rischio ambientale -accanto alle sviolinate su Tav, economia tradizionale, inserti motori e pubblicità di Suv-. Anche il meno attento alle formazioni politiche avrebbe messo la crocetta sul girasole verde, fosse solo per istinto. La scusa non regge.
Allora perché i Verdi italiani, malgrado l’assist formidabile dei nuovi movimenti -di minorenni, ma che hanno sensibilizzato molti maggiorenni-, malgrado una società in buona parte attenta e attiva, restano al tappeto?
Secondo me è mancanza di passione e di credibilità. Anche prima dell’era Pecoraro Scanio, devastante, nessuna figura alla Alex Langer ha conquistato cuori, li ha fatti palpitare; nessuno ci ha più preso l’anima, ci ha tormentato nelle “nostre” sicurezze rapinose. Nessuno ci ha fatto vedere un mondo diverso: col sorriso, e non solo con i pur giusti ricorsi ai Tar. Il messaggio di fondo è buono ma gelido. Va scongelato, e con gente che faccia capire quanto sia allegro -e giusto, e quindi forte- un bel rapporto con l’ambiente.

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