Abbiamo assistitito, sbalorditi come chiunque, alle varie acrobazie politiche di quest’estate che ci hanno consegnato come un regalo del supercitato cuore immacolato l’assenza dai ruoli di governo del fascioleghismo: l’assenza più bella del mondo, a mio modo di vedere.
Molti hanno sentito l’improvvisa leggerezza dovuta a quell’assenza. Quasi immediatamente dopo quel momento di grande sollievo, la “ciclolobby” di cui spesso parlo ha preso la palla al balzo e deciso di scrivere all’allora presidente del consiglio appena incaricato cercando di mostrare, come già fatto abbastanza inutilmente al precedente governo, quali potrebbero essere secondo chi si batte per una mobilità moderna le azioni da intraprendere. Ci è sembrato insomma che con l’entusiasmo per lo scampato pericolo di una parte di maggioranza, accoppiato alla scomparsa dalla stessa maggioranza della sua componente medievale, le nostre proposte, che sono lì su piazza ormai da anni, potessero avere un viatico migliore di un anno e mezzo fa.
La lettera è stata scritta a più mani e firmata da 8 sigle nazionali e locali, che per una volta vanno oltre le consuete e forse noiose filippiche su quanto sia meglio la bici in città eccetera e punta sulla necessità di rivolgersi decisamente ad azioni che diano corpo all’esigenza di cambiare stile di vita per salvare la pelle non già al pianeta, che è sopravvissuto a tutto nei suoi miliardi di anni di vita, ma alla nostra specie,
“La conclamata emergenza climatica e ambientale -si legge- ha bisogno di essere affrontata con una visione nuova dello sviluppo economico della società: invitiamo a mettere al centro della sua azione futura e dei criteri di scelta dei nuovi Ministri un piano di rinascimento ecologico delle città”.
Una delle richieste era dunque ripensare il ministero dei Trasporti “affidandolo a persona dotata di competenze specifiche e visione di insieme e che superi l’ossessione per le infrastrutture mettendo al centro dell’azione la buona mobilità delle persone”.
Parole al vento, come s’è visto. La nuova ministra, che sicuramente per nostra colpa non avevamo mai sentito nominare prima e dunque non ne conoscevamo attitudini e pensiero, pensa bene di affidare la sua prima uscita pubblica alla “Stampa” parlando chiaramente di grandi opere da sbloccare, sì al Tav e al Tap, grandi cantieri, grandi destini costruttivisti in perfetto stile anni ‘90. Credo si sia dimenticata, o forse mancava lo spazio, di citare rottamazioni auto Prodi’s style e aiuti all’industria nazionale dell’auto, e pazienza se la sua testa è in Usa e la cassa in Olanda.
De Micheli d’altronde è in ottima compagnia: solo pochi giorni dopo un altro pezzo grosso della politica italiana, il sindaco di Milano Sala, fa compiere una giravolta alla sua giunta per interposto assessore ritirando l’adesione al World Car Free Day del 22 settembre, a causa dell’annuale settimana della moda. O meglio, pare che l’adesione formale ci sia ancora ma senza alcuna limitazione al traffico automobilistico, un capolavoro di cerchiobottismo in pieno stile italico tradizionale. La motivazione è stata “faccio ciò che penso sia bene per la città”.
Ora, è vero che non sono quattro o otto associazioni, sindacati, gruppi di pressione, lobby, a guidare le politiche del paese, né che queste realtà debbano necessariamente intervenire a disturbare il manovratore, ci mancherebbe. Non sia mai, per carità. Però viene anche da chiedersi, in un momento in cui la consapevolezza del danno antropico ai luoghi che abitiamo è del tutto evidente, quale sia il senso di continuare imperterriti a segnalarli.