Fermi al bivio

Per parafrasare l’officiante della messa saltuaria Conte, nella ricerca di una nuova mobilità durante e dopo il Covid 19 in Italia si è poderosamente imboccato la strada del boh.

Il problema che si è presentato in tutto il mondo degli umani è aspro e concreto quanto semplice: per paura del contagio in pochissimi utenti abituali prenderanno i mezzi pubblici (la percentuale che tutti pregano si avveri è del 50%, secondo chi studia il settore realisticamente sarà del 25-30%).
Una quota enorme di persone si riverserà sulle strade con il proprio mezzo, e non sarà la bicicletta. Sarà l’automobile. L’effetto sarà dirompente per tutte le nostre zone urbane. Questa previsione è planetaria e ha fatto intervenire l’Organizzazione mondiale della Sanità con una campagna ad hoc: “Muoversi durante l’epidemia”, con 8 schede informative su cosa fare. Una consiglia: “Non appena possibile, prendete in considerazione di muovervi in bici o a piedi, per ottenere un distanziamento fisico e un’attività motoria quotidiana”.
L’idea era già venuta qui e lì per il mondo a diverse nazioni in piena pandemia, Gran Bretagna, Spagna, le solite oltrealpine; in pendenza della sciagura Trump, in Usa hanno suggerito la stessa cosa governatore e sindaco di New York. Due miei amici appena tornati da Lima, dove li ha sorpresi la catastrofe mentre erano da 6 anni in giro in bici per il mondo, quasi per prima cosa mi hanno detto che il sindaco della capitale peruviana stava per dare il via a 250 km di ciclabili cosiddette “pop-up”, di quelle facili fatte in vernice. Si è saputo poi che 4 di questi km erano già stati realizzati, forse mentre loro erano in volo, e il piano da 250 km prosegue.
Qui ci siamo attivati dal basso e abbiamo messo a punto un documento poi inviato da una quarantina di associazioni a Conte e al nuovo mister Wolf, Colao. Non abbiamo traccia di cosa pensino, ma subito il sindaco di Milano, Sala, quella di Roma, Raggi, quello di Bari, Decaro, quello di Bologna, Merola e poi una pletora di sindaci hanno accolto positivamente l’idea. “Faremo”, è il ritornello.
In una trasmissione su Radio24 un sottosegretario, Margiotta, ha accolto con entusiasmo l’idea qualche giorno fa; lo stesso sottosegretario, qualche giorno dopo, sempre interrogato sul pericolo auto selvaggia non ne ha più fatto cenno. Da alcune soffiate sappiamo che il governo si limiterà a inserire nel prossimo decreto incentivi all’acquisto di bici elettriche, stop. In quello ultimo continuano a non essere ammesse le riparazioni di bici, sempre considerate alla stregua di attrezzi sportivi, eppure il governo era al corrente del problema; il piano ciclabili emergenziali doveva essere definito entro il 4 maggio, non ce n’è traccia se non sui giornali; nel frattempo a Roma si è pensato di aprire il centro storico alle automobili per tutto il 2020. La sindaca ha tuttavia annunciato la realizzazione di ciclabili estemporanee, ma non c’è indizio né di operai per strada, figurarsi, né di una definizione dei percorsi, peraltro noti al Campidoglio dal 2018 perché glieli abbiamo disegnati noi. Così come a Bologna Merola ha annunciato le ciclabili, sulla base di un bike plan fermo nei cassetti dal 2016.
La sensazione è che non accadrà nulla se non qualche sistemazione rapida, forse. Darei un braccio per essere smentito. Come al solito, ai bivi della storia ci fermiamo aspettando qualcuno che sappia la strada.

In questi giorni a Barcellona e Valencia hanno deciso di ELIMINARE delle grandi vie di scorrimento per destinarle a bici e pedoni. W l’Italia libera e redenta.

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