Manifestazione perenne per dare una spallata alla città dell’automobile

Da qualche tempo si moltiplicano i segnali di una crescente insofferenza per lo stato bieco in cui abbiamo ridotto le nostre città, fatte crescere negli ultimi decenni intorno all’automobile. Al momento si tratta ancora di un sentire diffuso a macchia di leopardo negli strati sociali, ma è in crescita e le varie isolette di pensiero si stanno connettendo lentamente ma con una progressione che mi sembra evidente. Il capostipite di questo sentire è ovviamente la quieta rivoluzione olandese degli anni ’70, che anche grazie alla tipica serietà calvinista di quel popolo riuscì a mettere spalle a terra il modello autocentrico delle città, che era identico a quelle di ogni angolo d’Occidente, e stravolgere l’uso dello spazio pubblico, con il risultato che è sotto gli occhi di tutti e una vivibilità delle strade e delle piazze tornata, semplicemente, la modello precedente: la città per le persone, cosa che andava avanti dai tempi della scrittura cuneiforme in tutto il globo, e solo con la motorizzazione di massa cancellata dal ricordo di tutti.

Questa nuova risensibilizzazione alla destinazione d’uso delle nostre tane chiamate città è però ancora fragile e bisognosa di farsi un po’ le ossa dure, entrare nella coscienza collettiva. Questo è il senso del manifestare: rendere manifesto un bisogno più che un sogno, una necessità di cambiamento, una strada diversa rispetto a quella recentemente percorsa. Ne parlo spesso e altrettanto spesso mi viene un senso di scoramento di fronte agli scarsi risultati delle tante manifestazioni e flash mob che noi ciclisti urbani mettiamo in campo da anni, ma poi mi passa, mi risale la rabbia per l’ingiustizia sociale della città dell’automobile, disgregatrice e divoratrice di risorse spaziali, economiche, ambientali e mi rimetto in pace con la necessità di manifestare. Questo sembra essere un istinto comune al sempre crescente numero dei compagni di strada, e infatti nei prossimi mesi si susseguiranno alcune azioni per ribadire quanto sopra.

L’Italia, grazie all’eco mediatica suscitata da Milano città 30 km/h, ha scoperto che in realtà ad Olbia era adottata da anni, e che Bologna giusto lo scorso anno ha deliberato la stessa cosa in un atto di giunta (cioé: finanziato e cogente, quindi accadrà). E’ il punto si svolta secondo una serie di associazioni e realtà, ovvero Fiab-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Legambiente, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, Amodo e Clean Cities Campaign, che per domenica 26 febbraio hanno indetto una manifestazione diffusa, cioè in diverse città italiane, che nel momento in cui scrivo sono arrivare a 17, tra cui Roma, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Perugia, Napoli. E’ il via alla campagna, che si stima perenne, chiamata “Città 30 subito”, in luoghi simbolici scelti dalle realtà locali si formeranno delle strisce pedonale umane: in corrispondenza di attraversamenti pedonali verrà organizzato un pacifico passaggio umano di persone e biciclette per chiedere un cambio di passo nelle politiche della mobilità e informare le persone sui vantaggi del modello città 30. Nella mia città, Roma, abbiamo scelto via Tripolitania: lì fu travolto e ucciso il 29 dicembre scorso Said, il fioraio di zona; luoghi simili -le nostre città sono costellate di sangue umano sacrificato al moloch automobile, purtroppo la scelta è ampia- sono stati scelti nelle altre città. La manifestazione è accompagnata da un vademecum, messo a punto da Edoardo Galatola di Fiab e Andrea Colombo, ex assessore bolognese alla Mobilità e coautore del percorso che ha portato con una forte spinta dal basso a Bologna città 30, che illustra in dettaglio cosa è una città 30 km/h, con una corposa documentazione che naturalmente i contrari al cambiamento non leggeranno mai. Possiamo serenamente includere tra questi il direttore di Quattroruote, che ha recentemente squillato le trombe dell’allarme perché a suo dire contro l’automobile è stata dichiarata una guerra di religione.

Ora che avete smesso di ridere e rimesso nell’armadio i paramenti di Goffredo di Buglione vi interesserà sapere che per il 3 giugno prossimo si sta preparando la terza grande manifestazione nazionale a Roma, per ora promossa in semiclandestinità ma da un cospicuo numero di attori già organizzatori della manifestazione del 28 aprile 2012 che diede il via al movimento Salvaiciclisti. “ Il nostro obiettivo è che il 3 giugno 2023 centomila ciclisti portino un dossier di interventi sul tavolo del Ministro dei Trasporti per chiedere interventi urgenti”, fa sapere il gruppo promotore alla testata Bikeitalia.it. La data non è scelta a caso: oltre a essere sabato, quindi comodo per chi deve raggiungere Roma, è anche il World Bicycle Day, la giornata della bicicletta indetta dall’Onu dal 2018.

Insomma: da questa domenica inizia una spinta continua verso la città riconsegnata alle persone. Se ce l’hanno fatta in Olanda 50 anni fa ce la possiamo fare anche noi, e non tra 50 anni.

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