Ormai ho una sola certezza nella mia vita di cicloattivista: a ogni allarme via stampa sulla mortalità stradale per i ciclisti salta fuori sempre l’idiozia “rendiamo obbligatorio il casco”. Succede ogni anno, più o meno in primavera, quando gli organi d’informazione, al pari di mondo vegetale o animale, stiracchia le proprie membra e si accorge che c’è gente che si muove in bici. Il passo verso l’allarme è breve: c’è gente in bici dunque rischia. La cosa viene dipinta con gli stessi toni, sempre, e con i medesimi accenti e inflessioni della descrizione di un gruppo di malcapitati in una savana ostile. Nella savana ci sono bestie grosse e pericolose (sottotesto: che ci sei andato a fare, sciagurato?), chi ci si inoltra lo fa “a suo rischio e pericolo” (cit. Dario Esposito quando era assessore a Roma, uno dei killer politici di Ignazio Marino), è in buona sostanza un deficiente che deve essere messo in grado di non nuocere a sé stesso.
L’ultima occasione è stato un rapporto dell’Asaps, amici polizia stradale, ripreso con grande enfasi dalla newsletter di Stellantis, volgarmente “La Repubblica”. Salvini. Ed eccoci ripiombati nella solita ruota di criceto annuale.
Attenzione: non lo dice l’Asaps ma il responsabile sicurezza della Federciclismo, Roberto Sgalla. Sgalla è stato prefetto di polizia prima di andare in pensione, e tra le sue responsabilità in fine carriera c’era anche quella della Polstrada. Salvini. Per noi addetti ai lavori non è una novità: da anni quel signore dice queste cose, regolarmente spernacchiato. Né è tanto grave che la newsletter le riprenda. Stavolta è accaduto qualcosa di diverso, e a mia memoria mai accaduto prima.
Il salto grave è questo: se finora a farsi spazio sui giornali erano dei peones parlamentari che nessuno ha mai sentito nominare, stavolta è stato un sindaco. ministro. Cioé colui che per sua natura deve assicurare che nella sua città suo paese non si svolgano efferatezze stradali. Niente di più facile, per un qualsiasi sindaco ministro italiano, di sfilarsi dal casino circolante nelle feroci città italiane che non addossare alle vittime la colpa di esserlo. E’ una prima assoluta, ripeto. Ma si sa è la savana, ci sono bufali leoni e iene e che fai, parli con i bufali? “Troppo difficile e anche poco popolare”, pensa il sindaco ministro: quindi tu, scemo che giri in mezzo a una sparatoria che nessuno riesce a fermare tanto meno io che ne ho la responsabilità, o stai a casa o indossi un’armatura. Obbligatoria per legge.
E’ interessante notare che tutti in Italia si riempiono le gote di “mobilità sostenibile”. Salvo poi decretarne l’irrilevanza davanti all’immutata violenza stradale, che è fenomeno naturale e dunque non governabile. Faccio una previsione facile: la prossima primavera qualche stordito farà la stessa identica proposta, e nel frattempo magari i morti sono stati schiacciati da un’automobile elettrica. Soooo green.
*Il testo sopra è stato pubblicato il 18 aprile 2021. Forse per il Covid ho sbagliato la previsione, non è stato durante la primavera 2022 ma alla fine dell’inverno 2023. Ho solo sostituito i protagonisti di allora con l’attuale ministro del ponte sullo stretto di Messina. Non ci ho messo niente a farlo, è stato facile quanto banale. Naturalmente il soggetto in questione, che tende a esagerare, mette sul piatto altre amenità come targa, assicurazione e frecce.