La scorsa settimana sono andato all’edizione 2023 di Mobilitars, tre giorni di seminario sulla mobilità di un futuro che sembra sempre più sfuggente. Ero chiamato a gestire un dibattito sul “Racconto del cambiamento” cercando un filo comune tra tre narrazioni diverse, quelle di una docente universitaria, di una pubblicitaria e di un giornalista. Il mio arrivo a metà mattinata a Bologna non mi ha consentito di ascoltare i dibattiti precedenti: chi invece c’era mi ha riportato l’intervento di Alfredo Drufuca, ingegnere e anima dello studio Polinomia, che mi ha fatto balzare sulla sedia come dopo una scossa. Drufuca ha presentato la sintesi di uno studio commissionato dal comune di Bologna dal titolo “Stima dell’impatto della Città 30 sul benessere sociale”. Nel corso della sua esposizione, mi ha raccontato chi c’era, ha anticipato le conclusioni dello studio completo, non presenti nelle slides proiettate, in cui si dimostra matematicamente che nella struttura studiata da Bologna il tempo perso dall’utenza motorizzata è in media di 24 secondi al giorno, 12 secondi a tratta. I calcoli sono complessissimi, vi dovete fidare anche perché ho telefonato ad Alfredo e ho cercato di farmi spiegare a voce; venti minuti dopo mi sono arreso e gli ho chiesto di scrivermi i passaggi in estrema sintesi: ho studiato le 4 pagine di sintesi che mi ha inviato e vado a scoprire che, secondo una loro elaborazione sui dati Istat 2021, “gli anni mediamente perduti per un decesso in incidente stradale sono circa 32”.
Avete capito bene: l’estrema sintesi dello studio dimostra che portare una città a diventare un’immensa zona 30 rallenta il glorioso andare dell’homo automobilensis di 24 secondi al giorno, abbatte le morti in strada e di conseguenza annulla virtualmente i 32 anni di vita in meno in media che l’attuale sistema stradale assassino ruba. Ci sono anche dei calcoli economici sul guadagno, raddoppiato circa, in termini collettivi, senza contare che per ogni morte evitata si risparmiano oltre 2,8 milioni di € a testa.
E’ una specie di terremoto per gli istinti belluini della popolazione attuale, se questa uscisse dalle sensazioni istintive e entrasse nel mondo della logica.
Un mondo della logica che evidentemente non riesce a trovare ascolto, visto che mentre scrivo un altro camion ha ucciso il terzo ciclista in 5 mesi a Milano con la stessa identica dinamica delle altre due precedenti: schiacciato in curva a causa dell’ormai noto angolo cieco del mezzo pesante. In colpevolissimo ritardo sia il sindaco Sala sia l’assessora Censi, non di loro spontanea volontà ma sollecitati dai giornalisti locali, hanno annunciato un’accelerazione per adottare l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal consiglio comunale, pronto da tempo a firma Mazzei ma rimasto un po’ lì a galleggiare, che prevede l’obbligo di sensori. Dicono in tempi rapidi, forse il primo luglio: il che vuol dire in media altri due morti di cui non conosciamo ancora il nome.
Nella mia coscienza è ben presente l’assurda distanza tra chi si affanna a organizzare convegni come Mobilitars, o manifestazioni in strada come a Milano dopo ogni morte iniqua dovuta alla violenza motoristica, o la prossima che stiamo organizzando a Roma per il 3 giugno in un luogo altamente simbolico come l’Appia Antica, e le continue morti in strada nell’indifferenza generale. Un’indifferenza sistemica, dove il matrimonio mortale tra l’interesse dell’industria e la storica fascinazione italiana per l’automobile impedisce ogni ragionamento sulla via da scegliere per una vita degna in strada.
E’ praticamente certo che i calcoli di Polinomia verranno serenamente accantonati proprio perché la logica non interessa e l’indifferenza di sistema per i destini personali, se di ostacolo ai profitti dell’industria, ha trovato il suo alleato naturale in una passione motoristica che guarda caso ha i suoi templi proprio in Emilia Romagna.
Ma si continua a voler ragionare, in questa minoranza di non infatuati dei prodotti del marketing.
In questo la comunicazione è fondamentale. Finora l’abbiamo fatta un po’ artigianalmente e sempre a Mobilitars la docente associata di Linguistica Cristina Caimotto, dell’Università di Torino, ha sorpreso l’intera platea, largamente formata da attivisti e “cultori della materia” per così dire, svelando che molte delle frasi che noi usiamo hanno un effetto negativo su chi intendiamo convincere. Dobbiamo cambiare registro. E forse cominciare a passare alle azioni concrete.