Come si fa a parlare di “emergenza educativa” se la percentuale di nuovi maggiorenni che provano a prendere la patente si è dimezzata rispetto a 10 anni fa? Soprattutto, come si fa a mettere in relazione diretta la patente con l’esplosività gioiosa delle estati giovanili, e -ancora peggio- come si fa a tacciare i 18enni di oggi di non aver visto “accendersi dentro sé la fiammella che muove il fuoco della passione, della scoperta, del bisogno dell’altro, della costruzione del ‘noi’”?
Sono citazioni di uno sbalorditivo intervento del pur apprezzato scrittore e psicologo dell’età evolutiva Alberto Pellai, apparso sulla rivista Marie Claire (lo si trova online) e scovato dal sempre attento sito Bikeitalia. L’articolo, che si conclude con un invito ai genitori a spingere i figli verso la patente per salvarli dalla presunta apatia, gira tutto intorno al pensiero fondante della generazione dei boomer e di quella prima: passione da vivere in libertà equivale a libertà di movimento su mezzo a motore, e il pass per questa è la patente.
E’ stato il pensiero fisso dei boomer come me e Pellai (siamo nati nel picco di nascite, il 1964), verissimo. I numeri di oggi dicono altro: la percentuale di ragazzi che prende la patente a 18 anni è scesa al 46%, con punte minime a Milano (35%) e Torino (39%), mentre il numero di automobili intestate a giovani under 25 è calato del 33% tra il 2012 e il 2022, scendendo sotto le 600.000, anche se il parco auto è cresciuto dell’8%.
Seguendo il pensiero di Pellai noi adulti dovremmo dunque avere in casa degli zombie, e così non è ovviamente. Mi limito a fare l’esempio della famiglia di cui faccio parte. Due ragazze, una di 27 e una di 24 anni, che vivono pienamente la loro età, la loro avvenenza e le loro passioni -compreso le delusioni, il pacchetto completo insomma-. La prima ha preso la patente tre anni fa e la seconda sta per farlo. Entrambe, scherzando, hanno usato delle perifrasi per non dire che stavano andando a fare lezioni di guida: il loro modo di prendermi in giro visto la mia missione antiautomobile. Nessuna delle due ha la minima intenzione di avere un’auto né ha mai chiesto un motorino al passaggio dei 14 anni o dopo.
Tuttavia si muovono e vivono pienamente Per loro e per il loro giro prendere la patente -senza fretta- è tornato a essere ciò che dovrebbe: un certificato di abilitazione alla guida di mezzi motorizzati, non certo il passaporto verso la felicità e il gusto intenso della vita, che praticano comunque.
E’ viceversa desolante per me, pur capendo e venendo dalla (dis)cultura che Pellai assume come positiva e desiderabile, toccare per l’ennesima volta con mano come il peso immane della propaganda automotive abbia infettato le generazioni precedenti all’attuale fascia giovane, e di tutta Europa stando ai dati. Questa generazione ha cambiato radicalmente il modo di pensare rispetto alle due precedenti: va perseguito l’obiettivo della libertà di movimento, non il possesso di un mezzo a motore. E anzi se questo ti complica la vita in vari modi, da quello economico al fallimento della promessa di libertà (traffico immobile) non ha senso sbattersi per averlo.
In realtà la vera emergenza educativa paventata da Pellai nel suo intervento sta passando, ed è quella che hanno vissuto le generazioni precedenti: l’ipnosi automotive. L’invito “che quest’estate metta dentro i vostri figli un irrefrenabile desiderio di compiere 18 anni il più in fretta possibile per dotarsi di una patente” è già caduto nel vuoto. Grazie, ragazzi, siete migliori di noi.