Da più di un anno ci giro intorno: mi piacciono o no i comitati No Pup? Cioè quella trentina scarsa di gruppi e associazioni che combattono, devo dire con capacità e forte intenzione, contro lo sciagurato Piano urbano dei parcheggi che quegli irresponsabili chiamati amministratori romani, spalleggiati e fomentati dai costruttori, testardamente vogliono imporre a Roma. Un piano che prevede decine di parcheggi interrati ovunque in città, persino in varie zone delicate del centro (via Giulia, per esempio), malgrado non servano affatto (i parcheggi del Gianicolo e di villa Borghese sono vuoti) e anzi siano dannosi perché attraggono traffico automobilistico.
No: non mi piacciono. Ho rispetto per la qualità personale e la notevole tigna nella lotta che dimostrano le anime più in evidenza di quel movimento, ma ai miei occhi di cittadino deautomobilizzato hanno un difetto enorme: non vogliono parcheggi per automobili ma non fanno alcun tipo di (auto)critica nei confronti del problema numero uno: l’uso della macchina in città. Quasi tutti tra loro hanno un’automobile. Alle loro riunioni nessuno critica il modello di mobilità imposto negli ultimi decenni da un’industria ora morente, e che si spaccia invece come cardine dell’economia occidentale. Parlano con notevole competenza dei dettagli ma lo sfondo non lo vogliono vedere.
Con gli altri cicloativisti ogni tanto affrontiamo l’argomento: facciamo fronte comune con i No Pup? La risposta finale che ci diamo è sempre la stessa: no. “Sarebbe utile unirsi, ma che lo facciamo a fare finché non capiscono che il problema ce l’hanno dentro la testa?”. Qualcuno di noi ogni tanto ci prova, ma torna sempre scoraggiato dalle riunioni dei comitati.
Il punto critico di base è questo: chi ha la macchina e non vuole i parcheggi incarna una forma di schizofrenia. Dimostra oltretutto egoismo sociale, dunque non è plausibile un’alleanza.
I No Pup lottano per non veder devastati i loro territori ma la loro preoccupazione numero 1, quella che non li fa dormire la notte, è la possibile, e anzi quasi certa, destabilizzazione dei palazzi dove abitano.
Però i nuclei famigliari di cui fanno parte hanno una o più macchine. “Ma è la mia, e mi serve”, rispondono di solito gli automobilisti.
Ancora non si è capito che l’automobile è un mezzo privato che ha enormi ricadute sociali. Poco importa di chi sia e da dove venga, se è un tuo vicino o cugino o amico, semplicemente “è”, di chiunque sia. Se io vengo travolto da mio padre o da uno sconosciuto non mi cambia niente: resto stecchito lo stesso. Se tu hai astio verso gli altri in macchina, che costoro ti vengano addosso, ti impediscano di scorrere o ti parcheggino sotto il palazzo, dovresti capire che uno sconosciuto in macchina è identico a te in macchina. Non cambia assolutamente niente. Se non pensi così dimostri una visione proprietaria, privatistica della città. Cosa che non mi piace affatto, essendo la città non una sommatoria di proprietà inframezzata da qualche spazio pubblico più o meno tollerato, ma il nostro accampamento stabile, un corpo di pietra e carne, un organismo in cui l’osmosi tra pubblico e privato deve essere fluida e assicurata, pena la cancrena in una o più parti: cosa che infatti accade, e pare peggiorare perché continuiamo a non capire il senso dello stare in città.
In sintesi, chi anima i No Pup si trova ora di fronte a un problema che forse non ha capito davvero: le macchine stanno mangiando la città, e ora anche le case. E la tua macchina è parte del problema: anch’essa può mangiare una casa, tua o di qualcun altro non è importante.
Questi mezzi obsoleti e largamente inutili sono arrivati fin dentro le nostre camere da letto.
Avrei una maggiore considerazione, e mi unirei alle proteste, degli uomini e delle donne che lottano contro il Piano dei parcheggi urbani se dessero fuoco alle loro macchine davanti alle zone destinate ai parcheggi e sottratte alla vera vivibiltà di una città. Anche una sola, come atto dimostrativo. Ma forse litigherebbero su quale macchina incendiare: quella del dott. Cecioni della scala B o quella del cav. Cravattari della scala A?
I “NO PUP” sono una delle contraddizioni più evidenti della nostra epoca (evidenti a chi ha occhi per vedere): contrari a parcheggi a pagamento ma mai e poi mai contrari ai parcheggi tout court, come se un’automobile diventasse buona o cattiva a seconda che sia per strada o sotto la strada.
Ma anche i PUP sono un paradosso non da poco (e non dimentichiamo che li volle Veltroni): parcheggi interrati da realizzare per venderli a privati, senza alcu obbligo di restituire spazi equivalenti di vivibilità in superficie. Opere che all’atto pratico producono tutt’al più un ulteriore proliferare di automobili dato che ormai in città si vive in equilibrio tra il desiderio di possederne in quantità ed i fastidi che impongono… (riduci i fastidi interrando un po’ di automobili ed altre, prontamente prenderanno il loro posto)
I “NO PUP” sono una delle contraddizioni più evidenti della nostra epoca (evidenti a chi ha occhi per vedere): contrari a parcheggi a pagamento ma mai e poi mai contrari ai parcheggi tout court, come se un’automobile diventasse buona o cattiva a seconda che sia per strada o sotto la strada.
Ma anche i PUP sono un paradosso non da poco (e non dimentichiamo che li volle Veltroni): parcheggi interrati da realizzare per venderli a privati, senza alcu obbligo di restituire spazi equivalenti di vivibilità in superficie. Opere che all’atto pratico producono tutt’al più un ulteriore proliferare di automobili dato che ormai in città si vive in equilibrio tra il desiderio di possederne in quantità ed i fastidi che impongono… (riduci i fastidi interrando un po’ di automobili ed altre, prontamente prenderanno il loro posto)