Torno brevemente sulla vicenda dell’isola ambientale di Monti. Chi segue attentamente la vicenda sa che il progetto si è sviluppato nel 2014 a partire da via Urbana, all’epoca chiusa per un anno al transito (lavori Italgas). Negli anni il progetto di risanamento di questa piccola parte del rione romano (dove abito) si è esteso all’intero rione, che grossomodo è l’antica Suburra della Roma antica: prima, seconda e terza maniera (monarchia, repubblica, impero).
Tralascio alcuni anni di varie evoluzioni politiche e anche sociali; addirittura personali. Il punto a cui si è arrivati a oggi, novembre 2017, è il seguente: il progetto è pronto, lungamente studiato e variamente modificato lavorando sempre più di fino. Il punto di arrivo è sempre lo stesso: sanificare questa delicatissima parte di Roma moderna dall’eccesso di automobili e riqualificarlo riportandolo alla secolare fruizione umana, quella prima della motorizzazione di massa iniziata negli anni ’60.
Oggi siamo fermi alla conferenza dei servizi del settembre scorso. Pareri dubitativi sono stati espressi dalla polizia locale del centro di Roma e dalla soprintendenza, e negativi dal primo municipio (Roma centro e Prati). Quest’ultimo pare abbia prodotto un papiro immane, in cui il cuore dell’intervento, ovvero il restringimento di via dei Serpenti, oggi una specie di tangenziale, è ribaltato e se ne chiede addirittura l’allargamento. Vabbe’, transeat, quella è roba da specialisti della mente umana dovuta a giochetti partitici.
E’ interessante invece appuntarsi per un po’ la giustificazione della soprintendenza romana guidata da Francesco Prosperetti. Secondo quanto mi è stato raccontato da una delle persone al timone dell’amministrazione romana Prosperetti avrebbe giustificato il parere del suo organismo così: “ci sono dei comitati che temono l’arrivo della movida“. Le virgolette sono mie e arbitrarie, visto che non ho parlato direttamente con il funzionario in questione, e riportano quanto mi è stato detto da una fonte qualificata che intendo mantenere riservata (sono un giornalista e posso consentirmelo).
Trovo questa posizione allucinante, oltre a esulare dalle competenze dell’organismo (ma si sa, in Italia questi sono dettagli). Di fatto certifica che il flusso e la stasi veicolare di mezzi ingombranti privati sono preferibili, e anzi motivo di orgoglio archeologico, alle persone.
[Con le mani che restano ancora attaccate alle braccia, che incredibilmente non riescono a cadere anche se dovrebbero, vorrei digitare qui un breve ricordo di cosa sia e da dove venga il termine movida, che oggi viene agitato come una specie di mostro invasore alieno. Per completezza potete andare a leggerlo qui, ma in sintesi vorrei scriverlo per esteso: fu quel momento, nella Spagna degli anni ’80 che non avendo avuto la forza di liberarsi da Francisco Franco ne aspettò semplicemente la morte, in cui le persone finalmente liberate dal collare di piombo della dittatura si riversarono nelle strade, in particolare la notte.]
Liberare dalla congestione veicolare -sia in flusso sia in parcheggio- il rione più antico e ininterrottamente abitato di Roma, abitato intendo fin dai tempi di Romolo, è una necessità che non può essere ostacolata da un parere bislacco e soprattutto anticulturale -mi verrebbe anche da dire connivente– come quello che sarebbe stato espresso dal vertice della soprintendenza. Passi per municipio e polizia, che sono organismi giustamente senza prospettive storiche ma solo cronachistiche. Ma a un organismo di tutela culturale e archeologica non deve essere consentito di esprimersi in modo così becero e contrario al suo dovere.
Si può ben fare una pedonalizzazione E un piano di quartiere per il commercio, evitando che una strada pedonale diventi una fila di spritzerie aperte dalle 18 a notte fonda (e, di giorno, una fila di serrande chiuse), come purtroppo è accaduto con la pedonalizzazione di via del Pigneto.