“Sempre e per sempre dalla tua parte mi troverai”: l’autodifesa italiana di base

You’ll never walk alone è l’inno dei tifosi del Liverpool, e scusate se cito qualcosa che attiene all’animalità del tifo ma spero di farmi capire in seguito, abbiate pazienza qualche secondo.
Nel corso del momento di pausa chiamato feste di Natale è saltata fuori una notizia un po’ strana da Milano: la magistratura, in seguito alle troppe morti di persone in bici schiacciate da camion o altri mezzi pesanti presenti in strada, sta indagando.
Su cosa? Indaga sulla legittimità di corsie preferenziali dedicate alle biciclette. In sostanza il tema dell’indagine è se sia legittimo che esistano corsie dedicate allo scorrimento delle biciclette. Non su chi schiaccia chi.

Il tema è importante perché in caso di risposta sfavorevole alle corsie si troncherebbe una pratica adottata in ogni paese transalpino da anni, importata qui anche grazie alle spinte di noi attivisti (ormai da tempo, penso a Roma nel novembre 2014, nel tunnel tra Esquilino e S.Lorenzo la prima azione in assoluto di corsia home made in Italia) e poi adottata per legge nel corso della pandemia, quando sembrava che tutto dovesse cambiare. Tentativo ora sotto indagine della magistratura milanese, indagine immagino replicabile in ogni parte d’Italia che l’abbia adottata, e sfortunatamente ci sono pochi esempi.
Citavo l’inno dei tifosi del Liverpool ma vorrei rinforzarlo con i versi di una canzone di De Gregori: “sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai”. Gli italiani, ogni italiano tranne la minoranza che ha già cambiato vita, fanno testuggine. L’intensità e la pervasività della cultura autocentrica occupa la mente di chiunque in Italia, anche delle eccellenze come i cervelli lucidissimi dei magistrati. Ogni tentativo di scalzare la dipendenza dall’uso dell’autovettura personale (ricordo: in media portano 1,2 persone a veicolo, da sempre) viene rigettato dalla sommatoria delle abitudini personali di quasi chiunque in ogni angolo dello Stivale.

Ho chiamato Matteo Dondé, urbanista teorico e pratico delle città 30, anche amico personale. Mi ha mandato un audio eccessivamente lungo che provo sia a riassumere sia soprattutto a edulcorare. “Da sempre c’è l’idea che la strada sia dell’automobile per cui non bisogna dargli fastidio, non bisogna mettere altri elementi, e io credo che questa la dica decisamente lunga: è il motivo per cui l’incidentalità urbana in Italia continua a crescere il triplo rispetto al resto d’Europa: qui continuiamo a morire. Non è una questione di corsia ciclabile: oggi è la corsia ciclabile, domani sarà qualcosa altro. Il problema è che culturalmente abbiamo ancora in mente il linguaggio dell’automobile. Non siamo riusciti a crescere sotto questo aspetto”. Matteo cita anche i pompieri di Parigi: “hanno ridotto i tempi di intervento grazie proprio alla ciclabilità perché si è ridotto il traffico e allora loro riescono a muoversi più velocemente”.
Con questo vi saluto in attesa di reazione. Altro che buon anno.

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