Codice della Strage, ora si muovono i comuni

Il primo passaggio in Parlamento della controriforma del Codice della Strada a firma Salvini è andato, la Camera ha approvato il testo anche se in notevole ritardo rispetto alla tabella di marcia leghista, pur se ben lubrificata dall’acquiescenza degli altri partiti di maggioranza. Il merito del rallentamento va a un’eccezionale congiunzione, quasi magica, tra l’attivismo di base, che si è immediatamente saldato in un coordinamento tra decine di realtà che sulla sicurezza stradale vera si impegnano da decenni, e le forze politiche di opposizione che, con rara rapidità, hanno fatto proprie le istanze di base grazie alle evidenti ragioni portate e dimostrate. Manifestazioni in 40 città, mail e phone bombing, una discussione pubblica che ha sfondato la tradizionale inerzia sul punto della stampa italiana: tutto ha contribuito insomma a rendere popolare l’argomento. Che popolare lo è intrinsecamente, visto che tocca la vita di ciascun umano al momento esistente in Italia. Questo lo stato dell’arte oggi. A cui si aggiunge un’altra magica saldatura, quella tra le istanze che gridano da tempo “questo è un codice che farà strage” e un folto gruppo di comuni italiani che hanno approvato o stanno per approvare un ordine del giorno quasi fotocopia di contrarietà alla controriforma, anche questo stimolato dal coordinamento delle istanze di base.

Quale che siano le motivazioni profonde della saldatura base-vertici politici anche se di opposizione a livello nazionale, è sui sindaci che ricade l’applicazione delle regole stradali, e in qualche caso -come a Milano- i primi cittadini sono intervenuti nelle aule consiliari per dare il loro convinto appoggio alla battaglia, che ora continuerà al Senato.
Un’altra rarità che trovo in questa vicenda è l’insolita rapidità con cui Roma ha approvato l’ordine del giorno, che era stato presentato qualche tempo prima in altri grandi centri come Torino o Milano. La capitale è stata la prima grande città a farlo, con le firme della sola maggioranza perché in ogni comune le forze di destra hanno fatto ostruzionismo.

Ad approvare finora il documento sono state dunque le aule consiliari di Roma, Milano, Bologna, Torino, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova. E’ ancora da discutere a Aosta, Genova, Jesi, Modena, Monza, Perugia. A Sondrio è stato discusso e affondato il 22 marzo dalla maggioranza di destra. Ci sono anche comuni piccoli sul pezzo, l’odg è in elaborazione a Cernusco sul Naviglio e Lentate Sul Seveso, secondo il minuzioso anche se artigianale censimento che gli attivisti hanno avviato da subito.
A Milano si è registrato un inusuale intervento in aula del sindaco, Beppe Sala, che di solito non interviene mai sugli odg in discussione. “Non vogliamo che diventi realtà, è pericoloso per il Paese ed è pericolosissimo per Milano”, ha detto, e in successiva conferenza stampa ha reiterato la richiesta di fermare lo scellerato ddl e ridiscuterlo davvero. Anche il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, si è mosso scrivendo alla presidente del Consiglio chiedendole uno stop sulla marcia militaresca innescata dal suo ministro.

Nel frattempo mi sono preso la briga di spulciare quali associazioni Salvini abbia consultato, è tutto pubblico negli atti della Camera. Si tratta di 37 sigle in cui la parte del leone la fanno sigle legate all’automotive e poche alla mobilità alternativa. Spicca in particolare un singolo esperto che si è messo in luce sui giornali di destra per le sue posizioni anticiclabilità, passate senza colpo ferire nella revisione del codice. Ne parlerò in futuro.

La battaglia prosegue.

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