Se telefonando: oltre 1500 chiamate alla Camera per dire no al Codice della Strage

L’idea è stata semplice dunque geniale, e anche con quel certo sapore vintage che di questi tempi piace tanto: telefonare personalmente ai capigruppo di maggioranza della Camera dei deputati. Sta proseguendo in questo modo la lotta al “Codice della Strage” escogitato dal ministero dei Trasporti per provare a fermare le norme assurde volute dall’attuale ministro: ridare libertà d’accelerazione agli automobilisti e costringere in un recinto la crescente consapevolezza che la mobilità personale motorizzata lasciata crescere inselvatichita negli ultimi decenni è letale per le persone e per le nostre città.
Da quando il testo è arrivato alla Camera associazioni, coordinamenti, realtà organizzate si sono messe al lavoro per il contrasto a norme assurde che portano un ulteriore imbarbarimento nella circolazione, limitando fortemente la prevenzione e agendo in stile sceriffo solo quando il danno è stato fatto. Da circa un mese l’attivismo di base è riuscito a mobilitare circa 40 città italiane da Trieste a Lecce, coinvolgendo piano piano decine di sindaci fino ad arrivare alla mobilitazione parlamentare di tutte le opposizioni.

Come sappiamo la fantasia dell’attivismo, strumento necessario in mancanza di altri a parte la logica, escogita di continuo nuovi modi per mettere il dito nell’occhio ai dirigenti del paese: sentendo arrivata a saturazione la parte “mobilitazione fisica”, che comunque continua, il genio milanese ha pensato: e se gli telefonassimo? Il numero della Camera, così come quello del Senato dove la riforma del Codice della Strada arriverà anche se in ritardo rispetto ai piani leghisti, è pubblico e per chiaro dovere istituzionale i centralini rispondono sempre e -cosa che non tutti sanno- non fanno in alcun modo da filtro: i cittadini possono chiamare e chiedere di qualsiasi parlamentare, fino ai presidenti dei due rami. La telefonata viene passata senza indugi, ma naturalmente agli uffici: il filtro è lì. Quindi sotto con le telefonate, seguendo uno schema preciso: chiedere del capogruppo di uno dei tre partiti di maggioranza (dunque le telefonate diventano tre), quando risponde l’ufficio dare nome e cognome e dire che non si è d’accordo con la riforma, chiedendone il congelamento per ridiscuterla. C’è libertà nel dire perché si è contrari. I centralinisti, abituati a tutto, mostrano spesso sorpresa: “ma che succede oggi che chiamate tutti?” è stato detto a diversi attivisti. 
Il piccolo gruppo organizzatore ha portato, solo lunedì e martedì, a oltre 1500 telefonate, la cosa è stata citata in aula mentre era in corso la discussione, le segreterie -quasi tutte gentilissime- testimoniano che “state telefonando in tantissimi”. Martedì anche due conduttori di Radio Popolare hanno telefonato, rendendone conto poi in trasmissione, che fortunatamente è già in parte satirica, ottenendo effetti di chiara comicità.
Risulta essere il primo caso di “phonebombing” in Italia, e ora si passa al Senato.

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