Il “boomber” e il tranviere: macché mistero, solo folle velocità

Alcuni giornali, come la Repubblica nella cronaca di Roma, hanno titolato “Il giallo del semaforo”, Roma Today lo definisce mistero. Lo scontro di domenica mattina presto tra il suv di Ciro Immobile e il tram 19 sul ponte Matteotti a Roma, che scavalca il Tevere andando da Flaminio a Prati, sta facendo discutere questa dannata città. La macchina del capitano della Lazio è distrutta davanti, il tram è stato deragliato con 40° di scostamento, danni ne ha ricevuto pochi ma circola da lunedì la foto del poveretto alla guida del tram, un signore di 55 anni, svenuto per la paura o il trauma, vai a sapere, riverso nella cabina di guida (lì per lì invece non se l’era filato nessuno, tutti preoccupati del bomber, anzi boomber visto il casino fatto, della Lazio). Per il calciatore costola fratturata e trauma alla colonna vertebrale, le due figliolette con due microfratture e immagino tanto spavento, per il tranviere prognosi di sette giorni, danni non pervenuti. Il calciatore sostiene di essere passato col verde, lo stesso fa il lavoratore Atac. I cardatori di lana caprina hanno avuto da subito il loro da fare per scusare il campione. Lo svacco calcistico si è oltretutto messo di mezzo: non ti puoi azzardare a commentare che salta su qualcuno e ti dà del romanista che odia i laziali, una pena infinita. Illuminante un fondo agiografico di Marco Lodoli, tifosissimo e dunque un piagnisteo.

Il suv di Immobile (tal Defender della Land Rover,) veniva dal semaforo di lungotevere delle Armi, dove la vista è sgombra. Il tram veniva da piazza delle Cinque giornate, partito dalla fermata a ridosso del suo semaforo. La pagina Facebook del blog CityRailways, animato dall’ingegnere e urbanista Andrea Spinosa, ha pubblicato in tempo quasi reale, domenica stessa, una valutazione misurata di quanto accaduto usando le formule dell’impulso, roba astrusa che non capisco ma a quanto pare efficace. CityRailways è risalito alla velocità del Suv considerando essenzialmente tre fattori: il peso dei due mezzi (2.600 kg il suv, 30.500 più 25 persone a bordo su due carrelli il tram) e l’angolo di spostamento del tram, appunto 40°. A calcoli fatti il Suv ha colpito a 79,7 km/h. Dal semaforo sul lungotevere al luogo dell’impatto ci sono una trentina di metri.

In sintesi: dal semaforo al botto la distanza è poca, la vista è sgombra, le valutazioni sono facili. Mi sono fatto un’idea di come sia andata, dopo un sopralluogo lunedì scorso. Non ci sono andato apposta, passavo da quelle parti e ho pensato di fare un salto e verificare di prima mano le fasi semaforiche e le dinamiche dei vari mezzi.

Se i calcoli di CityRailways sono corretti non c’è modo di raggiungere gli 80 all’ora da fermo al semaforo con quel mezzo, quasi 100km/h in 30 metri non credo sia possibile con mezzi omologati per la circolazione stradale, dunque non era fermo; con il tram fermo al semaforo è dal lungotevere che scorrono i mezzi e quando scatta il via libera per il tram (barra luminosa bianca verticale) si deve fermare il lungotevere: per qualche tempo, come uso a roma, le macchine sul lungotevere continuano invece a passare, il solito fenomeno dell’accelerazione al giallo, ma non credo che ci sia il tempo per il tram di occupare l’incrocio durante il passaggio abusivo; lo scontro, dicono le cronache, si è verificato domenica mattina alle 8,15: è plausibile che le strade fossero vuote o quasi.

La mia opinione è che il suvvista abbia accelerato al giallo e bruciato il rosso, forse stimando che non passasse nessuno. A questa opinione si stanno lentamente avvicinando le cronache locali, ma col bilancino e sempre dando spazio all’avvocato del calciatore, non a quello del lavoratore.

Per ora il dibattito è sulle condizioni del calciatore, il suo stop per almeno due turni di campionato, lo spavento, i problemi che porta alla squadra la perdita temporanea di un pezzo così pregiato tornato recentemente al gol dopo un periodo a secco. I Tg locali sottolineano che “se fosse stato su un’auto più piccola i danni sarebbero stati ben maggiori”, mostrando la consueta cecità e anzi alimentando la spirale perversa macchina grande/grande sicurezza (per chi è dentro, ovvio). E ignorando, al solito, il fattore velocità moltiplicato peso.

Per noi moderni frequentatori dei percorsi urbani è ovvio, senza fare sopralluoghi o studiare le arcane formule di CityRailways, che quel famoso personaggio corresse come tutti in Italia, quindi come un matto, nella solita indifferenza e acquiescenza collettiva.

A me personalmente rimane in testa l’immagine del macchinista svenuto dentro la cabina, un qualsiasi lavoratore di cui non frega niente a nessuno.

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